Statua Madonna di Torlonia

I cippi di confine di Torlonia e la statua dell’Immacolata in S. Pelino.

Il 9 agosto 1862 terminate le opere sull’Emissario del Fucino ne fu decisa l’attivazione con l’apertura delle barriere che impedivano all’acqua di scivolare lungo la galleria. Il 30 aprile 1868 le acque erano ormai alte solo 5 metri. Il 1° ottobre 1878 gli ingegneri del Genio Civile, Barilari e Betocchi, scrissero nella loro relazione: “Perfettamente ultimata la grande opera del prosciugamento del Fucino.”

E’ noto che al termine dei lavori dell’Emissario, Alessandro Torlonia, per delimitare l’area delle ‘terre emerse’, fece collocare sul limite delle acque dei piccoli cippi in marmo poi sostituiti da basi in pietra sormontate da riproduzioni della Madonna in grandezza minore del vero.

Sono diverse le ricostruzioni delle vicende dei cippi e delle basi.  La versione più accreditata narra che il Principe Torlonia, per impossessarsi di una più vasta superficie di terreno prosciugato, avesse deliberatamente disposto dei cippi lungo il perimetro dell’ex lago, quando le sue acque erano nella loro massima espansione. Qualcuno crede, invece, che si sia trattato di un grossolano errore di valutazione degli ingegneri francesi che tennero conto esclusivamente della fase crescente del lago. 

I cippi di confine con la corona principesca e lettere A.T (Alessandro Torlonia)

I contadini sentendosi espropriati di terre che, almeno temporaneamente, già coltivavano, puntualmente si diedero da fare a spostare i cippi. Torlonia avrebbe fatto allora sostituire i cippi con le basi con le statue delle Madonne confidando sul sentimento religioso dei contadini che non avrebbero osato rimuovere le immagini sacre.

La Madonnina di Via Leonelli in S. Pelino

Esiste poi una versione ufficiale. Alcuni mesi prima di procedere al prosciugamento del Fucino, venne fatto l’accertamento della linea di confine del lago mediante l’apposizione di termini, con riferimento a un caposaldo comune di livello, come previsto dal regolamento annesso al Regio Decreto del 18 maggio 1862. I lavori furono seguiti da una commissione composta dal Prefetto della Provincia, dal rappresentande della Compagnia concessionaria, dal Sindaco di ciascun comune interessato, da un misuratore geometra comunale e da un segretario verbalizzante. Sui territori dei nove comuni rivieraschi furono posti termini in pietra con la statua in ghisa dell’Immacolata. Al termine dei lavori furono redatti processi verbali di confinazione per ognuno dei nove comuni interessati.

Nel territorio di S. Pelino, che all’epoca dipendeva dal Comune di Massa, fu posto “un termine lapideo con  statua di ferro bronzata“. Detto termine era composto da una base di 60 cm di altezza per 70 e 74 cm di lato con l’iscrizione, sul lato prospiciente il lago, : “Limite delle acque nel 1862”; Un dado alto 110 cm per 52 e 48 di lato con l’iscrizione sullo stesso lato: “A divozione di Alessandro Torlonia posta alla sponda del Fucino anno MDCCCLXII”.; da un altro piccolo dado alto cm 18 per 44 e 40 cm di lato con l’iscrizione “Ave Maria”; da una statua di ferro fuso bronzata rappresentante la Vergine Immacolata alta cm 108.

Circa la collocazione esatta della statua il verbale, che porta la data del 21 luglio, recita: “Stante l’assenza del Sindaco e perito suddetti per fornire i necessari schiarimenti, si collocò tale termine sulla strada detta di Caroscino (dietro nozione avuta da persona trovata sul luogo istesso) sulla sponda destra di detta strada prospettando il lago coerente a ponente il terreno di proprietà di Tommaso Iacovitti, senza peraltro aver potuto sapere se detta strada fosse realmente sul detto territorio, ma che bensì il proprietario sovraccennato e quello posto all’altro lato della strada signor  D. Francesco Lanciani erano abitanti di S. Pelino.”